Visita cardiologica

Ispezione del torace anteriore e precordio

Si valutano frequenza, ritmicità e profondità del respiro. Si approfondisce l’ispezione toracica al fine di individuare anormalità della conformazione: un gibbo o una depressione del corpo dello sterno (pectus excavatum) possono avere significato clinico perché modificano il rapporto fra scheletro e cuore. Nei soggetti magri è spesso visibile anche l’itto cardiaco, ovvero l’inizio della contrazione del ventricolo sinistro.

Palpazione

Questo esame si esegue con il paziente supino e con l’esaminatore alla destra del paziente. Si inizia palpando con il palmo, poi usando i polpastrelli. Spesso si può apprezzare l’itto della punta, salvo negli obesi e negli enfisematosi; in questi casi potrebbe aiutare una rotazione del paziente sul fianco sinistro. Normalmente, l’itto si percepisce nel V spazio intercostale, 1 cm all’interno della linea emiclaveare. Nei brachitipi, in persone obese o con il diaframma sollevato, l’itto della punta può essere situato più in alto, nel IV spazio intercostale sull’emiclaveare sinistra.

L’itto della punta può risultare spostato in diverse malattie cardiache, principalmente legate a dilatazione delle camere stesse:

  • Dilatazione del ventricolo sinistro: l’itto si sposta in basso e a sinistra, percepibile al VI-VII spazio intercostale all’esterno dell’emiclaveare.
  • Dilatazione del ventricolo destro: l’itto risulta spostato lateralmente all’emiclaveare, ma non verso il basso.

L’itto della punta può anche permettere di valutare condizioni di ipertrofia o dilatazione del ventricolo sinistro. In questi casi, è opportuno palpare con il paziente in decubito laterale sinistro:

  • Un impulso localizzato, energico e spostato all’esterno suggerisce un’ipertrofia cardiaca.
  • Un diffuso sollevamento dell’area della punta è caratteristico della dilatazione cardiaca.

In caso di ipertrofia e dilatazione del ventricolo destro, la parete anteriore del ventricolo entra in stretto contatto con la parete inferiore dello sterno. Si ha quindi un impulso contemporaneo all’itto in corrispondenza del IV e V spazio intercostale sulla linea parasternale sinistra e/o dell’estremità inferiore dello sterno sulla linea mediana (infossando le dita sotto lo sterno, queste vengono spinte verso il basso).

È possibile percepire altri impulsi più o meno contemporanei all’itto, tra cui:

  • Impulso al II spazio intercostale sinistro sulla linea parasternale: fisiologico nei bambini e nei giovani adulti magri, ma può indicare dilatazione dell’arteria polmonare (idiopatica, post-stenotica, da iperafflusso o da ipertensione).
  • Impulso al II spazio intercostale destro: indica ectasia dell’aorta ascendente (vizi aortici, aneurisma aortico, persona anziana).
  • Pulsazione all’interno dell’itto che si prolunga durante tutta la sistole: indicativa di aneurisma anteriore del ventricolo sinistro, possibile complicanza di infarto.
  • Retrazione toracica sostitutiva dell’itto: si può verificare in casi di pericardite costrittiva.

Pulsazioni anomale non sincrone con l’itto, dette “doppio impulso”, possono essere individuate:

  1. Presistoliche: si manifestano internamente alla punta in caso di ridotta distensibilità del ventricolo sinistro. L’atrio sinistro si ipertrofizza per compensare la diminuita distensibilità, associando il reperto al IV tono.
  2. Diastoliche: in associazione a ipertrofia concentrica, cardiomiopatia ipertrofica, infarto, cardiomiopatie restrittive o pericardite costrittiva.
  3. Telesistoliche parasternali sinistre: in caso di grave insufficienza mitralica.
  4. Telesistoliche a destra dello sterno (raramente): associate a insufficienza tricuspidale.

L’itto della punta può presentarsi ipocinetico in caso di versamenti pericardici, pericardite costrittiva o condizioni di bassa gittata pulsatoria.

Infine, si possono apprezzare fremiti, vibrazioni percepibili derivanti da soffi intensi, che condividono con essi cronologia, durata e localizzazione.

Percussione

La percussione, pur limitata, risulta utile per individuare i margini cardiaci e accertare l’assenza di situs inversus.

Auscultazione

È la componente più importante dell’obiettività cardiaca e si effettua appoggiando il fonendoscopio su almeno 4 punti principali (focolai) della parete toracica:

  • II spazio intercostale destro sulla parasternale o focolaio aortico
  • II spazio sinistro sulla parasternale o focolaio polmonare
  • IV spazio intercostale sinistro sul margine dello sterno o focolaio tricuspidale
  • IV spazio intercostale sinistro sull’emiclaveare o focolaio mitralico

Attraverso questi punti principali è possibile distinguere toni cardiaci normali, toni cardiaci aggiunti e soffi.

Toni cardiaci normali

Il I tono deriva dalla chiusura delle valvole atrio-ventricolari all’inizio della sistole, mentre il II tono è prodotto dalla chiusura delle valvole semilunari all’inizio della diastole. In particolare, sulla base delle maggiori pressioni vigenti nelle cavità sinistre, la mitrale e la semilunare aortica si sentono in leggero anticipo e molto bene su tutti i focolai, mentre la tricuspide e la semilunare polmonare si percepiscono in leggero ritardo e in maniera più debole, per cui devono essere auscultate sui rispettivi focolai.

Il ritardo della componente polmonare rispetto a quella aortica è facilmente apprezzabile durante l’inspirazione (a causa dell’aumento del flusso di sangue al ventricolo destro), mentre diventa impercettibile durante l’espirazione; quindi ascoltando il focolaio polmonare si sente un II tono fisiologicamente doppio durante l’inspirazione e unico durante l’espirazione.

Questo aspetto è importante perché se lo sdoppiamento diviene fisso (anche in fase espiratoria) è patologico e si riscontra tipicamente nei difetti del setto interatriale. È importante valutare il comportamento dello sdoppiamento del II tono con le fasi del respiro, perché in alcune cardiopatie è la componente aortica a seguire quella polmonare; in questo caso lo sdoppiamento è espiratorio e non inspiratorio e si parla di “sdoppiamento paradosso”.

Con l’aumento della pressione in arteria polmonare anche la componente polmonare del II tono aumenta e diventa più intensa, mentre la durata dell’intervallo fra le due componenti, aortica e polmonare, si riduce; per questo l’ipertensione polmonare si associa essenzialmente a un’accentuazione del II tono. L’accentuazione si sente meglio sul focolaio polmonare e su quello aortico.

Distinguere il I tono dal II tono è essenziale, se il paziente ha una frequenza cardiaca piuttosto bassa, la distinzione è facile, tuttavia se la frequenza è alta, questa differenza diventa difficile da apprezzare e si devono usare i seguenti criteri: il I tono è sincrono con l’itto della punta e con il polso carotideo; mentre il II tono è quasi sempre più forte del I sul focolaio aortico. Quindi, in caso di tachicardia, prima si palpa l’itto e si ascolta sul focolaio aortico, avendo due criteri per differenziare I e II tono; dopodiché, si sposta il fonendoscopio verso la punta, palpando la carotide.

L’intensità del I tono (componente mitralica) è elevata se il volume presistolico è piccolo, mentre è ridotta quando il ventricolo sinistro ha un elevato volume presistolico. Pertanto, l’intensità è alta in casi di: tachicardia (diastole breve), stenosi mitralica (che ostacola il deflusso atrioventricolare), se l’intervallo P-R dell’ECG (l’intervallo fra contrazione atriale e ventricolare) è breve.

Al contrario una bassa intensità del I tono si può associare ad un intervallo P-R lungo oppure a scompenso cardiaco o, spesso, a una cattiva trasmissione del suono in caso di adipe (soggetti obesi), aria (enfisema polmonare), liquido (versamenti pericardici) o, in caso di stenosi mitralica, quando la valvola è rigida e fortemente deformata.

Toni cardiaci aggiunti

In varie circostanze, patologiche o fisiologiche, si possono apprezzare altri toni che generalmente possono avere tonalità alta (alta frequenza di vibrazione) e si sentono bene con il diaframma del fonendoscopio, oppure tonalità bassa (bassa frequenza di vibrazione) per i quali è meglio usare la campana del fonendoscopio.

III tono (T3)

È un rumore a bassa frequenza che deriva da una vibrazione accentuata delle pareti ventricolari al termine del riempimento rapido (protodiastole) dovuto ad un aumentata quantità di sangue che all’apertura delle valvole atrioventricolari passa dall’atrio al ventricolo, momento in cui la distensibilità delle pareti ventricolari è molto bassa. Nel bambino (e a volte anche nel giovane) T3 si apprezza spesso in condizioni di completa normalità; in età adulta è sempre un reperto patologico. Si può avere un T3 di origine sinistra, che si sente bene alla punta, oppure di origine destra, che si sente bene sul focolaio della tricuspide. Per distinguerli si esegue la manovra di Rivero-Carvalho: si fa inspirare il paziente e se il T3 è di origine destra aumenta di intensità.

IV tono o tono atriale (T4)

Rumore auscultabile in tarda diastole (presistole), determinato da vibrazioni delle pareti ventricolari per afflusso di sangue dall’atrio durante la sistole atriale che coincide ovviamente con la telediastole. È un rumore a bassa frequenza, che si sente alla punta. Perché insorga, occorre che le pareti ventricolari abbiano una distensibilità bassa (ipertrofia, scompenso). Se il ventricolo ispessito è quello destro, il T4 si sente meglio sul focolaio della tricuspide e si accentua con l’inspirazione (manovra di Rivero-Carvalho).

Knock pericardico

Esiste un altro tipo di tono aggiunto che si verifica in protodiastole, poco prima di T3. Il knock pericardico si manifesta nella pericardite costrittiva ed è dovuto a vibrazioni delle pareti ventricolari ristrette dal pericardio ispessito all’atto in cui avviene il riempimento rapido. Si sente soprattutto alla punta o sul mesocardio.

Schiocco di apertura della mitrale

È un altro possibile tono aggiunto protodiastolico, ad alta tonalità, derivante da rigidità dei lembi mitralici (nella stenosi mitralica). Si sente bene su punta e mesocardio, ma anche ai due focolai della base e questo fatto è importante, perché, se a prima vista si può interpretare lo schiocco come una componente polmonare accentuata di un II tono ampiamente sdoppiato, un’attenta auscultazione sul focolaio polmonare permette di avvertire tre rumori distinti: le due componenti del II tono e lo schiocco.

Toni di eiezione (click da eiezione)

Sono toni secchi e brevi, ad alta tonalità, che si apprezzano durante la sistole, poco dopo il I tono. Sono schiocchi di apertura delle semilunari, oppure rumori di distensione delle arterie dilatate che si distendono all’arrivo del sangue del ventricolo sottostante. I toni di eiezione di origine sinistra si sentono bene alla punta, oltre che sul focolaio aortico; quelli di origine polmonare si sentono soprattutto sul focolaio polmonare.

Toni meso-telesistolici non da eiezione (click sistolici non da eiezione)

Più tardivi dei toni da eiezione (meso telesistolici), spesso multipli, derivano soprattutto da improvvisa messa in tensione di corde tendinee mitraliche più elastiche rispetto al normale. Molto frequentemente sono associati a prolasso della mitrale. Dal punto di vista diagnostico, è importante non confondere questi toni con il II tono.

Soffi cardiaci

I soffi cardiaci sono dei rumori dovuti al sangue che, scorrendo nelle cavità cardiache o nei vasi, assume un moto turbolento che può derivare da:

  • brusche variazioni di ampiezza del lume
  • sangue che scorre ad alta velocità
  • una viscosità molto inferiore alla norma (anemia)

I soffi si caratterizzano per:

  • un’origine in cui la loro intensità è massima
  • un’irradiazione che segue il tragitto della corrente turbolenta
  • un tempo di insorgenza e durata
  • un’intensità, che può essere più o meno costante o variare nel tempo
  • un timbro caratteristico

Infine, il soffio può talora variare se mutano alcune condizioni; per provocare tali mutamenti si invita il paziente a eseguire alcune manovre (per esempio, fare un piccolo sforzo) o gli si somministrano farmaci in grado di modificare rapidamente le condizioni emodinamiche.

È possibile classificare l’intensità dei soffi in gradi secondo la scala di Levine:

  • 1: il soffio si percepisce a fatica, facendo la massima attenzione
  • 2: il soffio è debole ma si sente senza fatica
  • 3: abbastanza forte
  • 4: forte
  • 5: molto forte
  • 6: così forte che si sente anche senza appoggiare il fonendoscopio sul torace
Soffi sistolici

Si distinguono in:

Olosistolici

Durano tutta la sistole, sono caratterizzati dal fatto di iniziare con il I tono e terminano fondendosi con il II tono (o proseguire per pochissimo tempo dopo il II tono). Si producono quando vi è un’anomala comunicazione in sistole fra due cavità in cui vige una pressione molto diversa. Ciò avviene:

  1. nell’insufficienza mitralica fra ventricolo e atrio sinistri
  2. nell’insufficienza tricuspidale fra ventricolo e atrio destri
  3. nella comunicazione intraventricolare fra i ventricoli sinistro e destro
  4. in alcuni casi di comunicazione fra aorta e arteria polmonare
Mesosistolici (di eiezione)

Originano tipicamente, in corrispondenza delle valvole semi-lunari aortiche e polmonari e sono caratterizzati dal fatto che cominciano dopo il I tono e finiscono prima del II tono (senza fondersi). Essendo legati all’eiezione, hanno un’intensità che cresce fino verso la metà della sistole e poi decresce. Soffi di questo tipo si associano a numerose condizioni cliniche, come stenosi aortica, alcune delle quali non patologiche.

Telesistolici

Più tardivi e in genere più brevi dei mesosistolici, questi soffi sono associati a disfunzione dei muscoli papillari nella cardiopatia ischemica e ad anormalità dei lembi mitralici nel prolasso mitralico.

Soffi diastolici

Anche in questo caso se ne distinguono tre tipi diversi:

Protodiastolici

Iniziano dopo il II tono e sono caratteristici dell’insufficienza aortica e polmonare, hanno alta frequenza e si prolungano decrescendo in intensità durante la diastole. Il soffio diastolico dell’insufficienza polmonare si sente quasi solo nel focolaio polmonare; quello dell’insufficienza aortica invece, si sente al meglio sul III spazio intercostale di sinistra.

Meso-telediastolici

Sono dovuti a una stenosi assoluta oppure relativa (flusso di sangue eccessivo) attraverso la mitrale o la tricuspide. Si sentono rispettivamente alla punta e sul focolaio tricuspidale. La frequenza è bassa (rullio), spesso sono in crescendo perché aumentano di intensità dopo la contrazione atriale (rinforzo presistolico).

In caso di stenosi mitralica grave, il soffio, che nasce dopo lo schiocco di apertura della mitrale, si prolunga fino al I tono.

Un soffio meso-telediastolico caratteristico si ha in presenza di insufficienza aortica grave in cui si aggiunge il soffio di Austin-Flint, che si sente alla punta e deriva da vibrazioni del lembo anteriore della mitrale in una fase in cui vi sono due vie di afflusso di sangue al ventricolo: il fisiologico flusso atrioventricolare e il flusso patologico che proviene dall’aorta insufficiente.

Telediastolici

Sono detti anche presistolici e sono sostanzialmente soffi meso-telediastolici piuttosto deboli.

Soffi continui (o sistodiastolici)

Derivano dall’esistenza di una comunicazione fra due compartimenti a differente pressione e occupano la sistole prolungandosi più o meno a lungo la diastole. Tipico è il soffio del dotto di Botallo pervio, che mette in comunicazione l’aorta con il distretto dell’arteria polmonare.

Sfregamenti pericardici

Sono dei reperti che derivano dalla frizione tra il foglietto parietale e il viscerale del pericardio, spesso correlato a forme di pericardite con versamenti di fibrina. Sono rumori prolungati con localizzazione variabile, tonalità alta e un timbro grattante. Possono essere: sistolici, protodiastolici, presistolici o combinati.